TOWER RECORD -Tokyo interview

TOWER RECORD -Tokyo interview

17 dicembre 2008 / Nessun commento

In questo disco, nel modo in cui è suonato, ho sentito la bellezza ed il profumo della musica di Puccini.
Puccini è molto amato in Giappone, ma qual é il fascino della sua musica?

La melodia prima di tutto. Puccini aveva sempre delle melodie limpide e dirette, che arrivavano subito al cuore della gente. Era molto romantico e per primo cambiò gli equilibri dell’ opera classica, dando più spazio alla musica rispetto al testo e ambientando sempre le sue storie in una dimensione da favola che faceva sognare i suoi ascoltatori.

Qual è la particolarità della sua musica?

Puccini è senza dubbio un innovatore dell’ opera italiana, un po’ il “Charlie Parker” del melodramma. Ha introdotto nuovi elementi , nuove sonorità, nuovi strumenti. Inoltre ha dato un’ universalità ai suoi lavori, attingendo ad influenze musicali di vari paesi, dove ha anche ambientato le sue opere, come il Giappone, la Cina, l’America. Il suo pregio era anche la sua comunicatività e la sua attualità, che lo fecero diventare famoso in tutto il mondo.

Come ti è venuta l’idea di fare questo jazz-album sulle arie di Puccini? E come hai deciso di farlo?

E’ stata un idea del mio produttore, Makoto Kimata. Mi ha proposto di fare un disco sulle arie di Puccini, visto anche la ricorrenza del 150esimo anno dalla sua nascita. All’ inizio l’idea di trasformare Puccini in Jazz mi sembrava veramente difficile e devo dire che è stato molto impegnativo. Ma fortunatamente le idee sono arrivate. La mia scommessa era quella di mettere un po’ di swing ,di blues e di latin nella sua musica, rendendolo “jazzistico” in tutti i sensi. Il difficile è stato dargli una quadratura e un senso armonico jazz, perché le sue arie spesso hanno una struttura irregolare, con molti cambi di tempo e pause che spezzano il ritmo. Ho un po’ stravolto i suoi brani, senza però cambiare mai la melodia. C’è anche dell’ umorismo, spero che gli appassionati della lirica non si arrabbino troppo… in fondo è una rivisitazione personale. Io mi auguro che possa piacere a tutti!

Cosa ti attira della musica di Puccini?

Mi piace molto la dimensione “favolistica” delle sue opere, penso che le arie arrivino sempre al momento giusto della storia e portino il pubblico al climax dell’ emozione. Trovo le sue melodie molto moderne, ancora attuali, anche se nonostante la semplicità apparente, nascondono spesso delle soluzioni molto particolari.

In questo album, che cosa volevi esprimere della sua musica?

Ho cercato di cogliere una chiave di lettura diversa, secondo quello che più mi ispirava il brano in questione. Ho pensato che una melodia lenta e triste potesse anche diventare qualcosa di più allegro, di solare, quindi ho giocato un po’ con i mood, cambiando completamente l’atmosfera. Così “Nessun dorma” è diventato “Funky”, e “Mi chiamano Mimì” un hit “caraibico-latin Jazz”!

Non ho avuto paura, anche quando l’operazione poteva sembrare assurda. Perché la musica è fatta anche per essere interpretata in maniera diversa, in fin dei conti una composizione è immortale, ma gli uomini che vivono nei secoli successivi la sentono in maniera diversa, e ciascuno dà la sua interpretazione. Certo, è un concetto un po’ “jazzistico”, molti direttori d’orchestra classici pretendono che non si cambi nulla di quello che ha scritto l’ autore. Ma bisogna avere la mente aperta, e per fortuna io non sono né un musicista classico, né un accademico, quindi posso farlo…

Perchè avete preso un vibrafonista?

Anche questa è stata un idea del produttore. Voleva rendere omaggio alle musiche di Puccini con un sound delicato, che potesse ricordare il “Modern Jazz Quartet” . Così ha scelto di aggiungere al mio trio un vibrafono.

Parlami di questo vibrafonista, della sua musicalità e del suo modo di suonare.

Marco Pacassoni è un giovane e talentuoso vibrafonista italiano. Non avevo mai registrato nulla con un vibrafonista, e ad essere sincero non sapevo neanche chi chiamare perché ne conoscevo veramente pochi qui in Italia. Ho sparso la voce tra gli amici musicisti, ma alla fine volete sapere come l’ho trovato? Su internet! Ebbene si, questi sono i vantaggi del mondo di oggi… Ho cercato sui siti di Jazz italiani i vibrafonisti e l’audizione l’ ho fatta senza di loro…sentendo gli mp3! Io sono un istintivo per certe cose, e perciò mi sono fidato del mio istinto. Così l’ho contattato e gli ho proposto il lavoro. Sono rimasto molto soddisfatto, abbiamo legato subito umanamente e musicalmente, e la sua freschezza e vivacità musicale hanno dato un bel sostegno al mio lavoro. Ha suonato anche la marimba, dando un sapore latino ad alcuni brani.

Le strutture di questo album sono piene di forme e di sonorità, hanno molte variazioni.
In generale come volevi rendere la sonorità dell’ album? E come hai fatto a scegliere gli arrangiamenti? Raccontami qualche particolare di ogni brano.

Rispetto agli altri dischi, è la prima volta che mi trovo ad affrontare le musiche di un unico autore. E’ stimolante, ma è anche più complicato, perché bisogna evitare ripetizioni e rendere vario uno stesso stile compositivo. Io sono fissato sulla varietà, in ogni brano cerco sempre di avere un’idea che lo rappresenti, diversa dalle altre, altrimenti la ripetizione annoia, e poi è anche inutile. Un’ altra novità è stata lavorare con il vibrafono. Ho cercato soluzioni semplici, senza complicare troppo gli incastri armonici col pianoforte, usandolo spesso come strumento solista. Però c’è anche l’”interplay” nelle improvvisazioni, affidato all’ispirazione del momento. Penso che nonostante la varietà, questo disco abbia un sound particolare , molto omogeneo, elegante e caldo.

Le idee per gli arrangiamenti sono venute un po’ alla volta, diciamo che per tre mesi ho ascoltato solo Puccini, una “full immersion”! Ho aspettato che la scelta dei brani e le idee su come arrangiarli venissero spontaneamente, e così è stato. Io lavoro sempre in questo modo, quando un brano comincia a girarti in testa per giorni e giorni, prima o poi l’ idea arriva.

Quale brano è venuto particolarmente bene? E in che modo?

Sono abbastanza soddisfatto di tutto il lavoro. Alcune cose sono riuscite molto bene, altre un po’ meno, ma quando si fa un disco è sempre così. Per me (ma poi chissà quali piaceranno agli altri?) i più riusciti sono “O mio babbino caro”, “Coro a bocca chiusa” e “Vissi d’ arte”. I primi due hanno un’ atmosfera meravigliosa, delicata e dinamica, con molti colori. “Vissi d’arte” invece ha molta energia swing, un bell’ interplay ed è molto “bluesy”, inoltre l’arrangiamento è perfettamente bilanciato. Ho giocato molto con le citazioni, in “Vissi d’arte” il groove è quello di “Moondance” di Van Morrison, in “Babbino caro” c’è l’intro di “Natural woman” e poi…beh, se le dico tutte poi finisce il gioco! Lascio agli ascoltatori il compito di trovarne altre…Anzi, ce ne è una che nessuno ancora ha riconosciuto…è sull’intro di “E lucevan le stelle”. Chissa se qualcuno indovinerà? Fatemelo sapere…

Inoltre sono molto affezionato ai miei due brani originali, soprattutto “Moonlight sand / Amore al chiaro di luna”, quella in trio (ma il titolo sarà cambiato…ancora non lo so…!!)

Quale brano invece è stato difficile da arrangiare?

Più di tutti, “Nessun dorma”. Volevo trovare un idea originale, non volevo trattarla come la solita ballad. Così è nata l’idea di dargli un groove funky-hip hop, dopo una morbida intro di piano e vibrafono. Però non ero del tutto convinto, pensavo che in studio il produttore inorridisse di fronte ad un Puccini hip hop! Dopo la prima take, dissi ai musicisti di provare a farla più lenta, senza ritmo funky. Beh, dalla regia mi dissero: “No no, ci piace proprio quel groove, tienilo!!”. Mai dare nulla per scontato!

Quando lavoravi agli arrangiamenti cosa volevi tenere della musica di Puccini? C’è un punto di vista particolare?

Mi sono basato sulle melodie, non ho cambiato nulla, anche se ho tolto delle parti e ho quadrato le strutture adattandole a “chorus” sui quali poter improvvisare agilmente. Invece l’armonia è molto cambiata, ho cercato di dargli un sapore jazzistico, anche perché spesso mi trovavo di fronte a delle semplici “triadi”, dove era difficile suonare jazz… Lo stesso per il ritmo, è molto vario, si passa dallo swing al latin, alla bossa, al funky. Una volta fatti gli arrangiamenti, in studio ho cercato di suonare più liberamente possibile, come se stessi suonando degli standard Jazz. Mi sono affidato alla mia ispirazione, al mio stile naturale, cercando anche di lasciare più respiro, di dare più senso alle note, con le pause. Chiaramente ero dentro ad un mondo “pucciniano”, ma con le mie idee ed il mio gusto.

Hai suonato il ‘Nessun dorma’. Questo era il brano che ha usato la Giapponesina vincitrice delle figure-skate nell’ olimpiade di Torino, ed è diventata molto conosciuta in Giappone. Lo sapevi?

No, a dire la verità, no. Però so che in Giappone sia Puccini che l’opera italiana sono molto conosciute ed apprezzate, anche per questo molte cantanti liriche vengono dal Giappone. E sono bravissime!

Cosa ti affascina di questo brano?

Per me , come per la maggior parte degli italiani,“Nessun dorma” è legata al ricordo di Luciano Pavarotti e alla sua famosa interpretazione della “Turandot”. E parlando di sport, a me ricorda i mondiali di calcio del 1990 in Italia, perché fu cantata, mi sembra alla cerimonia d’apertura. Purtroppo però l’Italia non vinse…!
Comunque mi piacerebbe vedere la campionessa Giapponese ballare sul mio “Nessun dorma- Hip hop”…chissà come potrebbe
essere!

Nella musica di Puccini, c’è tanta personalità. A parte questa, ci sono i sentimenti, le emozioni, e la spiritualità universale degli Italiani nella sua musica?

Sicuramente Puccini è molto italiano. Gli ingredienti sono tipicamente italiani, il romanticismo, la melodia, la passione, il sentimento, le emozioni forti, e poi amava tanto le belle donne! E anche le automobili, addirittura si fece fare su misura uno dei primi modelli di “fuoristrada”, per correre nelle campagne toscane!

Però era affascinato dal mondo, dai viaggi e dall’esotismo. Era internazionale.

Come va il jazz in Italia? Dal Giappone sentiamo che in Italia si producono tanti musicisti Jazz, ma come è in realtà? Parlami della situazione dal vivo e delle registrazioni, etc?
Com’è il percorso per diventare un musicista jazz professionale?

Fortunatamente in questi anni sono usciti in Italia dei nuovi e grandi talenti. Mi vengono in mente Stefano Bollani e Fabrizio Bosso, due artisti veramente speciali che stimo molto e che si meritano tutto il successo possibile nel mondo. Però il problema sono sempre i pochi spazi che hanno per emergere i nuovi talenti, come i locali o i festival. Spesso chi gestisce questi spazi ha una mentalità ristretta, chiama sempre gli stessi musicisti che hanno già un nome, non rischia mai sulle novità, sui nuovi progetti e le nuove idee. Si propongono tante cose facili e soprattutto poco originali. Così si finisce a suonare sempre le stesse cose, e chi ha invece una visione personale della musica è costretto ad autoprodursi i dischi e a suonare ben poco nei locali.

Sono molto grato a Makoto Kimata, perché ha creduto in me sentendo semplicemente la mia musica ed il mio modo di suonare. E se mi ha scelto tra tanti, penso che lo abbia fatto non per quante note riesco a fare in una battuta, ma perché ha sentito una personalità diversa, una visione particolare, un qualcosa da dire. La musica è l’espressione dell’ anima, non delle dita. Poi può piacere e non può piacere.

Quali sono le tue influenze musicali, fra compositori, musicisti, etc?

Ho sempre cercato di ascoltare tanta musica e vari generi, e questo alla fine è stato un vantaggio. Anche il Funky, il Blues, il Soul, la Disco music, la classica. Non mi sono mai fossilizzato sul Jazz, e anche oggi quando suono non penso a suonare Jazz, suono e basta. Suono quello che mi salta fuori al momento, sennò che improvvisazione è?? Però ho un grande rispetto per la composizione e per gli arrangiamenti, là dove non c’è improvvisazione.
I pianisti che amo sono tanti, ma più di tutti Bill Evans, la passione, Oscar Peterson, l’energia, Monk, il mistero e Horace Silver, il divertimento. I compositori: Jobim, Cole Porter e Billy Strayhorn.

Cosa ti affascina del Jazz?

Il Jazz è la musica più bella del mondo. Non è mai uguale a sé stessa, vive sempre delle emozioni del momento e per venire bene ha bisogno di un profondo scambio emotivo tra gli individui. Così come la vita.
Grazie mille per le tante domande, e scusa per quelle un pò ripetitive. Adoro l’Italia, non ci sono ancora venuto ma i miei amici dicono che quasi tutti i posti sono belli. E poi amo moltissimo la vostra cucina!
Grazie di nuovo, arrivederci e tante buone cose.

Grazie a te, e spero che verrai presto ad assaggiare la nostra cucina!
TOSHIAKI UEMURA